Ubicazione sede centrale
Descrizione e cenni storici
Sinagra è un piccolo centro medievale, in provincia di Messina, sulle sponde del torrente Naso, dove frammenti di storia millenaria convivono, in un contrasto gradevole, con l’inevitabile modernità. Ricca del verde intenso dei Monti Nebrodi e contornata dallo scrosciare di acque cristalline, per le sue peculiarità naturalistiche Sinagra si è conquistata l’appellativo di “Perla dei Nebrodi”.
Sinagra a pochi chilometri dal mare, vicinissima alle spiagge di Ponte Naso e al Porto Turistico di Capo d'Orlando con vista sulle isole Eolie, è il posto ideale per soggiornare in Sicilia tra mare, natura, enogastronomia e buon cibo.
L’ubicazione a ridosso della fiumara, un tempo navigabile e quindi unica via di comunicazione tra l’entroterra e il mare, fa supporre che Sinagra sia stato uno dei primi insediamenti dell’area Nebroidea. La ricca vegetazione unita alla dolcezza della collina, al microclima gradevole e all’ambiente salubre rendono Sinagra un centro unico al mondo.
Con le sue chiese secolari, gli antichi palazzi, le viuzze lastricate, gli stemmi sui vetusti portali, i resti dell’antico castello, le tradizioni di Santi e di Beati, Sinagra si presenta come uno “scrigno” da aprire per scoprire i luoghi per i quali, lasciando preziose tracce, passarono duchi, baroni, borghesi, ma anche gente “sfruttata” e mortificata dalle fatiche che seppe guadagnarsi un riscatto sociale, economico e culturale nel secondo dopoguerra. Furono loro a fare la storia di questo paese.
Gli storici non scrissero sulla fonte del nome, ma hanno ipotizzato che questo possa essere di origine romana e che possa derivare da sinus aggeris per indicare un’insenatura arginata o da sinus acrius per indicare un punto in cui la corrente del fiume diventa impetuosa o da sine agro(senza campo) per indicare un territorio povero di pianure o meglio ancora da sinus agri(insenatura sui campi).
Se, però, si valuta che prima del latino in Sicilia fu di casa anche la lingua greca si potrebbe “ipotizzare” che la parola Sinagra possa essere stata composta dal termine latino sinus (insenatura) e da quello greco Kryo (freddo) ovvero insenatura che porta ai luoghi freddi, sui monti Nebrodi, spesso coperti di neve.
Questa ulteriore ipotesi potrebbe essere avvalorata dal fatto che nella stessa vallata, a monte di Sinagra, si trova l’antico paese di Ucria il cui nome richiama l’U = urbs dei romani e il kryo= freddo dei greci. Questo potrebbe far ritenere che il toponimo Sinagra potesse derivare da sinus krio = insenatura verso i luoghi freddi.
Adesso veniamo ai fatti storicamente accertati
Nel 1082 Sinagra figura fra i 34 nomi di castelli e città che il conte Ruggero D’Altavilla donò ai monaci basiliani di Troina. Nel 1092, essendo la chiesa di San Leone suffraganea del convento di San Nicolò del Fico di Raccuja, lo stesso Conte Ruggero donò Sinagra a quei monaci. ( Pirri )
Nel 1144, il Re Ruggero II, nipote del Conte, confermò al convento del Fico la donazione della chiesa di San Leone con tutte le sue pertinenze e autorizzò quei monaci a costruire mulini nella fiumara di Sinagra e Ficarra.
Nel 1151, Il Papa Eugenio III, per la cura delle anime, assegnò Sinagra alla diocesi di Messina. (cfr Giovanni Andrea Massa in “ La Sicilia in prospettiva” Vol. II pag. 298)
“Il 21 marzo 1822, il Papa Pio VII firmò le Bolle di smembramento di 24 terre dalla diocesi di Messina, per aggregarle a quella di Patti. La Bolla pontificia divenne esecutiva nel 1824 dopo la morte dell'arcivescovo di Messina che si era opposto. Vescovo della diocesi di Patti era allora Mons. Nicolò Gatto, pattese (1823-1831)”. (cfr Riccardo Magistri-La diocesi di Patti nella storia).
In questo periodo il territorio di Sinagra restò nelle mani della corona. Soltanto nella prima metà del 1200 fu assegnato a Guglielmo D’Amico insieme al territorio di Ficarra.
Nel 1249, il Re di Sicilia, Federico II, lo tolse a quest’ultimo e lo diede al vescovo di Patti in cambio della terra di Santa Lucia del Mela. In questa data Sinagra viene presentata come casale. Confinava con Ficarra, Tortorici, Ucria, Raccuia, e Sant’Angelo di Brolo. Vi abitavano 61 villici (atto del notaio Roberto di Monterrisio di San Fratello (n. Sinagra 29 luglio 1249).
Federico II muore nel dicembre del 1250. Nel 1299 con la fine della guerra di Capo D’Orlando il feudo di Sinagra fu tolto al vescovo di Patti e assegnato alla potente famiglia Lancia.
Verso la metà del 1300, l’ebbe Corrado Lancia, capo della città di Messina. Pare che sia stato questi a insediare i monaci Carmelitani a Sinagra avendo un solo feudo, appunto “Sinagra”. “Secondo quanto scrive l’Arciprete Ferdinando Salleo nel 1825 al vescovo di Patti, il cenobio fu fondato nel 1340, “dista 50 passi dal paese e osserva la regola di Sant’Alberto” (atti dell’archivio diocesano di Patti)
Si suppone che per quasi 100 anni i monaci abitassero nei pressi della chiesa del Crocefisso chiamata dal popolo, ancora oggi, Chiesa del Convento perché il convento dei carmelitani in località Fosso Convento fu costruito a partire dal 1450, per iniziativa di Antonello Ventimiglia.
Nel 1371 il feudo fu ereditato, con conferma reale, dalla figlia Margherita Lancia che aveva sposato Antonello Ventimiglia. In virtù di questo matrimonio, Sinagra passò nelle mani della potente famiglia Ventimiglia.
Intanto il re Federico IV per favori ricevuti doveva confezionare un feudo alla famiglia Scorciagatti.
Per farlo tolse una parte al feudo di Ficarra e un’altra a quello di Sinagra . Antonello si ribellò e il re Martino gli confiscò il feudo di Sinagra che poi, la moglie Margherita, riscattò con mille fiorini col privilegio di imporre ed esigere tasse.
Nel 1460 il re Giovanni concesse ad un Antonello Ventimiglia i diritti del mero e misto impero con cui il feudatario era padrone dei sudditi. In questo periodo il detto Antonello Ventimiglia diede vita alla costruzione del convento dei Carmelitani di cui ancora esistono i resti nei pressi del cimitero.
Verso la fine del secolo, Sinagra è feudo di Vincenzo D’Afflitto, come risulta dalla visita a Limina del 1594 dell’arcivescovo di Messina, Mons. Lombardo, che fra l’altro scriveva che a Sinagra vivevano 1956 abitanti, la chiesa era sotto la protezione di San Michele Arcangelo e che il “Sacello” di San Leone apparteneva al convento di San Nicolò del Fico di Raccuia.
Morto Vincenzo D’Afflitto, il nipote, vendette il feudo di Sinagra ad Antonio Ventimiglia.
La figlia, Fiordiligi, nel 1595, sposò Girolamo Joppolo, conte di Naso; cosi il feudo di Sinagra passò nelle mani della famiglia Joppolo-Ventimiglia.
Il figlio Antonio vendette la contea di Naso e si ritirò nel castello di Sinagra. Per l’occasione fece costruire la chiesa di San Antonino. Il figlio di Antonio, Girolamo, ricomprò la contea di Naso e per meriti, dal re di Napoli , Sinagra fu elevata a Ducato, mentre il feudo di Martini, per merito dei Branciforte, fu elevato a Principato.
Nella seconda parte del 1500, Sinagra, è illuminata dalle vocazioni cristiane. Brillano le stelle di Francesco, frate domenicano e di Diego, frate minore Francescano.
Nel 1682 un’alluvione distrusse sette case e il paese fu salvato dalla chiesa di Santa Caterina che resistette alla furia del fiume (Cesare Lionetto: ‘U diluviu di Turturici”).
Nel 1725 a Sinagra, dove abitava, morì Diego Joppolo. Il suo corpo fu trasferito e tumulato a Naso. Non avendo avuto dai suoi tre matrimoni figli maschi, gli successe la figlia primogenita Giuseppa che, nel 1735, sposò Diego Sandoval, marchese di S. Giovanni e principe di Castel Reale.
Il 9 maggio 1739 un terremoto distrusse Sinagra. Diego Sandoval, impaurito, lasciò Sinagra e si trasferì a Naso. Ma per la sua superbia e per la sua prepotenza perse la fiducia dei suoi sudditi per cui, costretto, lasciò Naso e si ritirò a Palermo dove ebbe alti incarichi dalla corte reale. ( Carlo Incudine, Naso Illustrata)
Gli successe il figlio Giovanni Antonio Sandoval-Joppolo. Alla sua morte, per mancanza di eredi, la “ducea” di Sinagra ritornò nelle mani della corona che il 24 aprile 1808 la vendette per 400 once al duca di Misterbianco,Vespasiano Trigona (cfr Martino De Spuches-“La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia”).
Con la concessione della costituzione alla Sicilia del 1812, da parte di Ferdinando I di Borbone, decaddero i diritti feudali nell’Isola e i feudi si avviarono ad organizzarsi in Comuni.
Nella relazione che il segretario comunale nel 1817 fece al sottoprefetto di Patti scrisse che molti terreni del paese di Sinagra appartenevano alle Chiese e al Convento; vi erano due mulini di cui uno si trovava in contrada Gorghi e l’altro in contrada Candelora; la chiesa parrocchiale era intitolata a S. Michele Arcangelo; vi erano 8 chiese filiali di cui 2 ,quella di S. Leone e di S. Anna si trovavano in campagna e 6 in paese.
Vi era, inoltre, un convento intitolato a S.Maria del Carmelo. Sinagra aveva, una parrocchia, un arciprete, 6 chiese filiali, 5 sacerdoti e contava 3331 abitanti.
“Il 6 giugno del 1827, un’alluvione investiva il paese, dirupava l’antica chiesa di S. Nicola e quelle di S. Rocco, S. Caterina e S. Isidoro, abbatteva gran quantità di case, e devastava la piazza pubblica detta di S. Teodoro. Né ciò bastava: ma ripetutosi il disastro il 18 agosto del 1837, altre sessanta case in circa erano abbattute, sicché il paese dovette rifabbricarsi a nuovo quasi totalmente.” (Nastasi e Raccuglia “ Sinagra” 1910, Acireale)
Il governo borbonico venne incontro ai danni patiti dal paese con 300 ducati ( archivio storico, atti della Giunta comunale).
Nel 1840 fu posta la prima pietra per la costruzione dell’attuale Chiesa Madre che fu completata 20 anni dopo.
Nel 1859 il Comune di Martini, essendosi ridotto di numero di abitanti, dopo un referendum indetto dal Re Borbone, Ferdinando II, fu accorpato al Comune di Sinagra.
In occasione dell’entrata di Garibaldi a Palermo, al grido di viva la libertà, a Sinagra, i contadini assalirono i mulini, sequestrarono le bilance ai mugnai e abolirono il dazio sul macinato.
Il popolo si riunì in piazza e nominò un comitato di salute pubblica. Lo stesso comitato ratificò l’abolizione del dazio sul macinato e decretò la restituzione delle bilance ai mugnai. Al primo censimento dell’Italia Unita la popolazione sinagrese risultò di 3111 abitanti.
Il periodo monarchico 1860-1948 vide alla guida del paese quasi sempre le famiglie Salleo e Joppolo.
Nel 1866, per effetto delle leggi “siccardiane” fu soppresso, dopo circa 500 anni, il Convento dei carmelitani: la Chiesa fu donata al Comune che la destinò a cimitero mentre la maggior parte dei possedimenti, molto vasti, furono venduti ai fratelli Salleo di Catania per 17.000 lire. (Carmelo Nicotra, Il Carmelo siciliano nella storia, pag 212)
Il 1900 si apre con i sinagresi divisi in due schieramenti: i mazziniani guidati dalla famiglia Ficarra e i sostenitori delle famiglie Salleo- Ioppolo. La spuntano, in un primo tempo, le famiglie Salleo-Joppolo ma verso il 1920 fu eletto Sindaco il figlio del Farmacista Ficarra, Francesco. Non ebbe vita lunga. La stessa sorte toccò poco dopo al fratello.
Sinagra con i suoi giovani fu presente allo scoppio della Prima guerra mondiale e pagò un caro prezzo: 60 giovani non tornarono e a loro fu dedicata una lapide, oggi trasferita accanto all’ingresso del cimitero.
Ci fu chi, come Lillo Mola, fu premiato con una medaglia al valor militare.
Durante il fascismo, alla carica di Podestà successero: Francesco Joppolo, Diego Joppolo, Giuseppe Allia, Giorgio Scordamaglie (commissario prefettizio), Alberto Joppolo (podestà), Antonino Puglia, Pasquale Soriano (commissario prefettizio), Domenico Stancampiano (commissario prefettizio). Durante il fascismo fu completata la strada Sinagra-Ficarra; fu portata in paese la corrente elettrica e sorsero i primi frantoi elettrici, fu portata l’acqua dalle sorgive di Stampa e collegata alle abitazioni.
I sindaci nominati dalle forze di liberazione dopo il 15 settembre 1943 furono in ordine : Diego Joppolo, notaio e dal 20 marzo 1944 Leone Nastasi, colonnello.
Dopo le due guerre mondiali, il nuovo secolo vide impegnata la popolazione e le amministrazioni comunali succedutesi, nella modernizzazione del paese con la costruzione di opere di pubblica utilità che hanno reso Sinagra una cittadina vivace proiettata nel futuro,conferendogli l'attuale aspetto urbanistico. La dolcezza della collina - il centro urbano si trova ad appena duecentocinquanta metri sul livello del mare - un microclima piacevole favorito dalla vicinanza del fiume, l’ambiente incontaminato e una ricca vegetazione, sono i punti di forza del centro nebroideo. La popolazione è distribuita tra il centro urbano e le popolose contrade di Martini, la più antica e dotata di una chiesa antichissima, San Pietro, San Leone, Santa Rosalia, Santa Maria di Baronia, Mulinazzo, Forte, Campo Milia, Limari e Cicala.
Alle tradizionali attività silvo-pastorali e agricole, famosa la coltura intensiva del nocciolo, si sono aggiunte le nuove attività nel settore manifatturiero, nel terziario e nel settore agroalimentare. In particolare, Sinagra scommette il suo futuro sullo sviluppo dei servizi, sull’ambiente e sul turismo enogastronomico attraverso un attento utilizzo delle sue risorse (suino nero dei nebrodi prodotti caseari,liquori e birra artigianale, olio e derivati della nocciola).
I sindaci di Sinagra dell’età repubblicana in ordine di elezione sono stati: Leone Nastasi, Alberto Cardaci, Calogero Corica, Nunzio Mancuso, Antonino Maccora, Antonino prof. Musca, Antonino Sicilia, Vincenzo Ioppolo, Gaetano Scarso, Vincenza Maccora, Antonino Ing. Musca.
Sinagra 2018
Traccia storica curata dal Prof. Domenico Orifici in collaborazione con il Dott. Giovanni Bucale delegato del Sindaco alla Comunicazione.
Sinagra a pochi chilometri dal mare, vicinissima alle spiagge di Ponte Naso e al Porto Turistico di Capo d'Orlando con vista sulle isole Eolie, è il posto ideale per soggiornare in Sicilia tra mare, natura, enogastronomia e buon cibo.
L’ubicazione a ridosso della fiumara, un tempo navigabile e quindi unica via di comunicazione tra l’entroterra e il mare, fa supporre che Sinagra sia stato uno dei primi insediamenti dell’area Nebroidea. La ricca vegetazione unita alla dolcezza della collina, al microclima gradevole e all’ambiente salubre rendono Sinagra un centro unico al mondo.
La Storia
Sinagra, con i suoi 2700 abitanti, è un paese della provincia di Messina. Sorge a circa 100 km dalla Città Metropolitana, immerso nel verde della fiumara del Torrente Naso, fra la costa del Tirreno e i monti Nebrodi, a 265 m di altitudine, coronato da giardini e oliveti.Con le sue chiese secolari, gli antichi palazzi, le viuzze lastricate, gli stemmi sui vetusti portali, i resti dell’antico castello, le tradizioni di Santi e di Beati, Sinagra si presenta come uno “scrigno” da aprire per scoprire i luoghi per i quali, lasciando preziose tracce, passarono duchi, baroni, borghesi, ma anche gente “sfruttata” e mortificata dalle fatiche che seppe guadagnarsi un riscatto sociale, economico e culturale nel secondo dopoguerra. Furono loro a fare la storia di questo paese.
Gli storici non scrissero sulla fonte del nome, ma hanno ipotizzato che questo possa essere di origine romana e che possa derivare da sinus aggeris per indicare un’insenatura arginata o da sinus acrius per indicare un punto in cui la corrente del fiume diventa impetuosa o da sine agro(senza campo) per indicare un territorio povero di pianure o meglio ancora da sinus agri(insenatura sui campi).
Se, però, si valuta che prima del latino in Sicilia fu di casa anche la lingua greca si potrebbe “ipotizzare” che la parola Sinagra possa essere stata composta dal termine latino sinus (insenatura) e da quello greco Kryo (freddo) ovvero insenatura che porta ai luoghi freddi, sui monti Nebrodi, spesso coperti di neve.
Questa ulteriore ipotesi potrebbe essere avvalorata dal fatto che nella stessa vallata, a monte di Sinagra, si trova l’antico paese di Ucria il cui nome richiama l’U = urbs dei romani e il kryo= freddo dei greci. Questo potrebbe far ritenere che il toponimo Sinagra potesse derivare da sinus krio = insenatura verso i luoghi freddi.
Adesso veniamo ai fatti storicamente accertati
Nel 1082 Sinagra figura fra i 34 nomi di castelli e città che il conte Ruggero D’Altavilla donò ai monaci basiliani di Troina. Nel 1092, essendo la chiesa di San Leone suffraganea del convento di San Nicolò del Fico di Raccuja, lo stesso Conte Ruggero donò Sinagra a quei monaci. ( Pirri )
Nel 1144, il Re Ruggero II, nipote del Conte, confermò al convento del Fico la donazione della chiesa di San Leone con tutte le sue pertinenze e autorizzò quei monaci a costruire mulini nella fiumara di Sinagra e Ficarra.
Nel 1151, Il Papa Eugenio III, per la cura delle anime, assegnò Sinagra alla diocesi di Messina. (cfr Giovanni Andrea Massa in “ La Sicilia in prospettiva” Vol. II pag. 298)
“Il 21 marzo 1822, il Papa Pio VII firmò le Bolle di smembramento di 24 terre dalla diocesi di Messina, per aggregarle a quella di Patti. La Bolla pontificia divenne esecutiva nel 1824 dopo la morte dell'arcivescovo di Messina che si era opposto. Vescovo della diocesi di Patti era allora Mons. Nicolò Gatto, pattese (1823-1831)”. (cfr Riccardo Magistri-La diocesi di Patti nella storia).
In questo periodo il territorio di Sinagra restò nelle mani della corona. Soltanto nella prima metà del 1200 fu assegnato a Guglielmo D’Amico insieme al territorio di Ficarra.
Nel 1249, il Re di Sicilia, Federico II, lo tolse a quest’ultimo e lo diede al vescovo di Patti in cambio della terra di Santa Lucia del Mela. In questa data Sinagra viene presentata come casale. Confinava con Ficarra, Tortorici, Ucria, Raccuia, e Sant’Angelo di Brolo. Vi abitavano 61 villici (atto del notaio Roberto di Monterrisio di San Fratello (n. Sinagra 29 luglio 1249).
Federico II muore nel dicembre del 1250. Nel 1299 con la fine della guerra di Capo D’Orlando il feudo di Sinagra fu tolto al vescovo di Patti e assegnato alla potente famiglia Lancia.
Verso la metà del 1300, l’ebbe Corrado Lancia, capo della città di Messina. Pare che sia stato questi a insediare i monaci Carmelitani a Sinagra avendo un solo feudo, appunto “Sinagra”. “Secondo quanto scrive l’Arciprete Ferdinando Salleo nel 1825 al vescovo di Patti, il cenobio fu fondato nel 1340, “dista 50 passi dal paese e osserva la regola di Sant’Alberto” (atti dell’archivio diocesano di Patti)
Si suppone che per quasi 100 anni i monaci abitassero nei pressi della chiesa del Crocefisso chiamata dal popolo, ancora oggi, Chiesa del Convento perché il convento dei carmelitani in località Fosso Convento fu costruito a partire dal 1450, per iniziativa di Antonello Ventimiglia.
Nel 1371 il feudo fu ereditato, con conferma reale, dalla figlia Margherita Lancia che aveva sposato Antonello Ventimiglia. In virtù di questo matrimonio, Sinagra passò nelle mani della potente famiglia Ventimiglia.
Intanto il re Federico IV per favori ricevuti doveva confezionare un feudo alla famiglia Scorciagatti.
Per farlo tolse una parte al feudo di Ficarra e un’altra a quello di Sinagra . Antonello si ribellò e il re Martino gli confiscò il feudo di Sinagra che poi, la moglie Margherita, riscattò con mille fiorini col privilegio di imporre ed esigere tasse.
Nel 1460 il re Giovanni concesse ad un Antonello Ventimiglia i diritti del mero e misto impero con cui il feudatario era padrone dei sudditi. In questo periodo il detto Antonello Ventimiglia diede vita alla costruzione del convento dei Carmelitani di cui ancora esistono i resti nei pressi del cimitero.
Verso la fine del secolo, Sinagra è feudo di Vincenzo D’Afflitto, come risulta dalla visita a Limina del 1594 dell’arcivescovo di Messina, Mons. Lombardo, che fra l’altro scriveva che a Sinagra vivevano 1956 abitanti, la chiesa era sotto la protezione di San Michele Arcangelo e che il “Sacello” di San Leone apparteneva al convento di San Nicolò del Fico di Raccuia.
Morto Vincenzo D’Afflitto, il nipote, vendette il feudo di Sinagra ad Antonio Ventimiglia.
La figlia, Fiordiligi, nel 1595, sposò Girolamo Joppolo, conte di Naso; cosi il feudo di Sinagra passò nelle mani della famiglia Joppolo-Ventimiglia.
Il figlio Antonio vendette la contea di Naso e si ritirò nel castello di Sinagra. Per l’occasione fece costruire la chiesa di San Antonino. Il figlio di Antonio, Girolamo, ricomprò la contea di Naso e per meriti, dal re di Napoli , Sinagra fu elevata a Ducato, mentre il feudo di Martini, per merito dei Branciforte, fu elevato a Principato.
Nella seconda parte del 1500, Sinagra, è illuminata dalle vocazioni cristiane. Brillano le stelle di Francesco, frate domenicano e di Diego, frate minore Francescano.
Nel 1682 un’alluvione distrusse sette case e il paese fu salvato dalla chiesa di Santa Caterina che resistette alla furia del fiume (Cesare Lionetto: ‘U diluviu di Turturici”).
Nel 1725 a Sinagra, dove abitava, morì Diego Joppolo. Il suo corpo fu trasferito e tumulato a Naso. Non avendo avuto dai suoi tre matrimoni figli maschi, gli successe la figlia primogenita Giuseppa che, nel 1735, sposò Diego Sandoval, marchese di S. Giovanni e principe di Castel Reale.
Il 9 maggio 1739 un terremoto distrusse Sinagra. Diego Sandoval, impaurito, lasciò Sinagra e si trasferì a Naso. Ma per la sua superbia e per la sua prepotenza perse la fiducia dei suoi sudditi per cui, costretto, lasciò Naso e si ritirò a Palermo dove ebbe alti incarichi dalla corte reale. ( Carlo Incudine, Naso Illustrata)
Gli successe il figlio Giovanni Antonio Sandoval-Joppolo. Alla sua morte, per mancanza di eredi, la “ducea” di Sinagra ritornò nelle mani della corona che il 24 aprile 1808 la vendette per 400 once al duca di Misterbianco,Vespasiano Trigona (cfr Martino De Spuches-“La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia”).
Con la concessione della costituzione alla Sicilia del 1812, da parte di Ferdinando I di Borbone, decaddero i diritti feudali nell’Isola e i feudi si avviarono ad organizzarsi in Comuni.
Nella relazione che il segretario comunale nel 1817 fece al sottoprefetto di Patti scrisse che molti terreni del paese di Sinagra appartenevano alle Chiese e al Convento; vi erano due mulini di cui uno si trovava in contrada Gorghi e l’altro in contrada Candelora; la chiesa parrocchiale era intitolata a S. Michele Arcangelo; vi erano 8 chiese filiali di cui 2 ,quella di S. Leone e di S. Anna si trovavano in campagna e 6 in paese.
Vi era, inoltre, un convento intitolato a S.Maria del Carmelo. Sinagra aveva, una parrocchia, un arciprete, 6 chiese filiali, 5 sacerdoti e contava 3331 abitanti.
“Il 6 giugno del 1827, un’alluvione investiva il paese, dirupava l’antica chiesa di S. Nicola e quelle di S. Rocco, S. Caterina e S. Isidoro, abbatteva gran quantità di case, e devastava la piazza pubblica detta di S. Teodoro. Né ciò bastava: ma ripetutosi il disastro il 18 agosto del 1837, altre sessanta case in circa erano abbattute, sicché il paese dovette rifabbricarsi a nuovo quasi totalmente.” (Nastasi e Raccuglia “ Sinagra” 1910, Acireale)
Il governo borbonico venne incontro ai danni patiti dal paese con 300 ducati ( archivio storico, atti della Giunta comunale).
Nel 1840 fu posta la prima pietra per la costruzione dell’attuale Chiesa Madre che fu completata 20 anni dopo.
Nel 1859 il Comune di Martini, essendosi ridotto di numero di abitanti, dopo un referendum indetto dal Re Borbone, Ferdinando II, fu accorpato al Comune di Sinagra.
In occasione dell’entrata di Garibaldi a Palermo, al grido di viva la libertà, a Sinagra, i contadini assalirono i mulini, sequestrarono le bilance ai mugnai e abolirono il dazio sul macinato.
Il popolo si riunì in piazza e nominò un comitato di salute pubblica. Lo stesso comitato ratificò l’abolizione del dazio sul macinato e decretò la restituzione delle bilance ai mugnai. Al primo censimento dell’Italia Unita la popolazione sinagrese risultò di 3111 abitanti.
Il periodo monarchico 1860-1948 vide alla guida del paese quasi sempre le famiglie Salleo e Joppolo.
Nel 1866, per effetto delle leggi “siccardiane” fu soppresso, dopo circa 500 anni, il Convento dei carmelitani: la Chiesa fu donata al Comune che la destinò a cimitero mentre la maggior parte dei possedimenti, molto vasti, furono venduti ai fratelli Salleo di Catania per 17.000 lire. (Carmelo Nicotra, Il Carmelo siciliano nella storia, pag 212)
Il 1900 si apre con i sinagresi divisi in due schieramenti: i mazziniani guidati dalla famiglia Ficarra e i sostenitori delle famiglie Salleo- Ioppolo. La spuntano, in un primo tempo, le famiglie Salleo-Joppolo ma verso il 1920 fu eletto Sindaco il figlio del Farmacista Ficarra, Francesco. Non ebbe vita lunga. La stessa sorte toccò poco dopo al fratello.
Sinagra con i suoi giovani fu presente allo scoppio della Prima guerra mondiale e pagò un caro prezzo: 60 giovani non tornarono e a loro fu dedicata una lapide, oggi trasferita accanto all’ingresso del cimitero.
Ci fu chi, come Lillo Mola, fu premiato con una medaglia al valor militare.
Durante il fascismo, alla carica di Podestà successero: Francesco Joppolo, Diego Joppolo, Giuseppe Allia, Giorgio Scordamaglie (commissario prefettizio), Alberto Joppolo (podestà), Antonino Puglia, Pasquale Soriano (commissario prefettizio), Domenico Stancampiano (commissario prefettizio). Durante il fascismo fu completata la strada Sinagra-Ficarra; fu portata in paese la corrente elettrica e sorsero i primi frantoi elettrici, fu portata l’acqua dalle sorgive di Stampa e collegata alle abitazioni.
I sindaci nominati dalle forze di liberazione dopo il 15 settembre 1943 furono in ordine : Diego Joppolo, notaio e dal 20 marzo 1944 Leone Nastasi, colonnello.
Dopo le due guerre mondiali, il nuovo secolo vide impegnata la popolazione e le amministrazioni comunali succedutesi, nella modernizzazione del paese con la costruzione di opere di pubblica utilità che hanno reso Sinagra una cittadina vivace proiettata nel futuro,conferendogli l'attuale aspetto urbanistico. La dolcezza della collina - il centro urbano si trova ad appena duecentocinquanta metri sul livello del mare - un microclima piacevole favorito dalla vicinanza del fiume, l’ambiente incontaminato e una ricca vegetazione, sono i punti di forza del centro nebroideo. La popolazione è distribuita tra il centro urbano e le popolose contrade di Martini, la più antica e dotata di una chiesa antichissima, San Pietro, San Leone, Santa Rosalia, Santa Maria di Baronia, Mulinazzo, Forte, Campo Milia, Limari e Cicala.
Alle tradizionali attività silvo-pastorali e agricole, famosa la coltura intensiva del nocciolo, si sono aggiunte le nuove attività nel settore manifatturiero, nel terziario e nel settore agroalimentare. In particolare, Sinagra scommette il suo futuro sullo sviluppo dei servizi, sull’ambiente e sul turismo enogastronomico attraverso un attento utilizzo delle sue risorse (suino nero dei nebrodi prodotti caseari,liquori e birra artigianale, olio e derivati della nocciola).
I sindaci di Sinagra dell’età repubblicana in ordine di elezione sono stati: Leone Nastasi, Alberto Cardaci, Calogero Corica, Nunzio Mancuso, Antonino Maccora, Antonino prof. Musca, Antonino Sicilia, Vincenzo Ioppolo, Gaetano Scarso, Vincenza Maccora, Antonino Ing. Musca.
Sinagra 2018
Traccia storica curata dal Prof. Domenico Orifici in collaborazione con il Dott. Giovanni Bucale delegato del Sindaco alla Comunicazione.
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Pagina aggiornata il 30/07/2024