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Descrizione e cenni storici
Con la famiglia Alojsio, che mantenne il possesso di Capri e Rocca fino al 1342, comincia la saga feudale dei borghi. Agli Alojsio succedettero gli Aragona. Questa famiglia mantenne il possedimento fino al 1377, quando si ribellò al Rè “Martino il Giovane”, e come punizione fu privata di Capri e di tutti i suoi averi. Un'altra famiglia che ebbe un ruolo fondamentale nella storia di Capri e Rocca, fu la famiglia Filangeri anch'essa di origini francesi, come gli Alojsio. I Filangeri furono signori di Capri dal 1398, e dopo un breve periodo in cui il territorio insieme a Mirto e Fitalia, appartenne a Lancellotto di Larcan, signore di San Fratello, la famiglia Filangeri, riapparve nel 1453 con Riccardo secondogenito di Francesco, che si fregiò del titolo di conte e, nello stesso tempo, gli fu data l'investitura del casale di Mirto, Crapi e Frazzanò".
Nel 1497 sotto il conte Girolamo Filangeri, che intanto era entrato in possesso di San Marco e dei casali di Pietra di Roma, gli abitanti di Crapi per volontà del viceré di Sicilia, Giovanni de La Nuca, ottennero diversi privilegi, tra i quali il permesso di far pascolare le bestie nel bosco della "Suvarita", dove potevano anche tagliare i rami degli alberi; l'esenzione del pagamento per il mantenimento della guardia di Pietra di Roma; la possibilità di pascolare le bestie nella pianura di Rocca; il libero uso della caccia; la remissione per le accuse criminali fatte dal signor conte alla Regia Gran Corte; la restituzione dei pegni e l'elezione popolare dei giudici civili. In cambio dovevano al conte un donativo di 100 onze. Invece, dice Sgro, "nel caso di disapplicazione dei capitoli da parte del conte, era prevista una penale di 1000 fiorini a suo carico e dei suoi eredi, da versare al regio fisco". Naturalmente questa imposizione non piacque ai Filangeri che loro malgrado dovettero sottostare al viceré. Nella concessione di tutti questi privilegi, alla cronaca dell'epoca, appare evidente una grande protezione del clero locale ai Procuratori di Crapi, clero che fu subito punito dai signorotti locali con angherie e violenze di ogni genere.
È il momento in cui inizia a diffondersi il banditismo, che non fu un fenomeno isolato, forse in relazione alle difficoltà "politiche" in cui versavano le piccole comunità, oppresse dal potere feudale, anche se sotto i Balsamo, Crapi ottenne ulteriori privilegi. Nel 1594 il borgo ritornò ai Filangeri, riacquistata da don Gerolamo. Vito Amico riferisce che Capri, dopo il 1604, fu trasferita come pegno a vari signori, tra cui i Branciforte e i Cardona, cui apparteneva nel 1620. Capri ritornò ai Filangeri nel 1750, dopo aver subito le devastanti conseguenze del terremoto del 1693 e della terribile alluvione del 1682. Con l'abolizione del feudalesimo nel 1812, quando la Provincia di Messina fu divisa nei distretti di Messina, Castroreale, Patti e Mistretta, Capri, venne inclusa nel distretto di Patti, e venne donata alla diocesi. Patrioti "fin nel midollo", gli abitanti del luogo ebbero una parte importante nei moti rivoluzionari che portarono all'unità d'Italia, e molti di loro persero la vita al servizio della patria, partendo come volontari dietro le truppe di Garibaldi. E fu proprio in questo periodo che Capri aggiunse l'appellativo di Leone al suo nome originario, forse per distinguersi dalla più famosa località della Campania. Nacquero i primi consigli comunali, eletti su base censitaria e questo comportava il più delle volte che a reggere le sorti del Comune fossero quasi sempre gli stessi elementi, a volte pure appartenenti alla stessa famiglia.
Sotto le sindacature di Gaetano Camma furono create alcune iniziative, destinate ad aiutare economicamente i cittadini, come il "peculio", che consisteva in un ammasso di cereali da cui i contadini più poveri prelevavano una certa quantità di grano sufficiente alla semina, che veniva restituita, con gli interessi, al momento in cui veniva effettuato il raccolto, e la costruzione di un mulino comunale, in cui veniva effettuata la macinazione dei cereali. Da segnalare, inoltre, gli sforzi sostenuti dall'amministrazione comunale del tempo, per la costruzione di una strada provinciale, "attraverso voti rivolti alle autorità competenti con vari atti ufficiali".
Nel 1910 sotto la sindacatura di Cesare Coco, venne fatto uno dei primi tentativi per il rilancio turistico della cittadina con la concessione dell'autorizzazione per l'apertura dell'albergo "Belvedere" e la richiesta dell'istituzione di una ricevitoria postale a Rocca.
Aldo Sgro dice che questa fu una fase importante per la comunità di Capri Leone, non tanto per le opere pubbliche realizzate quanto per l'impulso dato allo sviluppo civile del paese. "Nel maggio del 1915 si provvide, infatti, ad avanzare richiesta per la realizzazione degli impianti e per l'istallazione degli uffici telegrafici, mentre nell'aprile del 1922 si richiese il collegamento telefonico del centro".
Nel 1916 venne realizzato il lavatoio pubblico, mentre nel 1924 fu installato l'orologio da torre e regolamentata la macerazione dei lini. Il Comune sempre in questo periodo aderì al Partito Nazionale Fascista e conferì la cittadinanza onoraria a Mussolini. Furono incrementati gli scambi commerciali e si istituì anche una fiera che si teneva in occasione della festa di Sant'Antonio di Padova, e nello stesso anno si tentò di mettere fine al problema idrico. Problema però risolto solo di recente.
Nel 1927 il podestà Alfio Lo Cicero decretò il trasferimento del centro abitato di Capri Leone, nella frazione di Rocca, che stava avendo un notevole sviluppo, grazie anche alla sua posizione più favorevole sulla costa. Inoltre, fu anche istituito un servizio di raccolta della spazzatura, si aderì alla Confederazione degli Enti autarchici, si ridusse lo stipendio ai dipendenti comunali per contenere la crisi del dopo fascismo, venne istituito il riposo festivo e venne autorizzata l'istallazione a Rocca di un impianto di distribuzione di benzina di 3000 litri. Nel 1935 il centro fu dotato di una farmacia mentre nel 1939 che ci fu la richiesta da parte del podestà Nunzio Santoro, per istituire una delegazione per lo stato civile a Rocca, che fu approvata solo dopo il 1946, insieme alla costruzione del nuovo cimitero. Gli anni che vanno dal 1952 al 1956 non sono particolarmente degni di nota per la vita politica di Capri Leone, forse fatta eccezione per il considerevole aumento dei consiglieri di Rocca rispetto a quelli di Capri Leone. Su quindici rappresentanti in consiglio, infatti, ben sette erano di Rocca, tra i quali figurava anche Giuseppe Grasso che ha retto le sorte del Comune per circa 40 anni. Le elezioni del maggio del '56, portarono un successo per la frazione Rocca, che elesse dodici consiglieri, contro i tré di Capri Leone centro. E questo grazie all'aumento della popolazione della frazione, in cui nel frattempo si erano riversati molti immigrati dai paesi vicini. Questo stato di cose portò parecchio astio tra i mèmbri di Capri Leone e di Rocca, perché i primi si vedevano defraudati del governo della città in favore dei nuovi arrivati.
Questo inconsueto campanilismo che è durato per parecchi anni oggi è andato via via assottigliandosi fino a scomparire del tutto. Nel 1962 cominciò la lunga esperienza di Sindaco di Giuseppe Grasso (padre dell’attuale Sindaco Bernardette Grasso) in seguito a una mozione di sfiducia che aveva fatto decadere la giunta guidata dal precedente sindaco Basilio Lazzaro, e da quel momento non lasciò più la carica fino al 2001, anno in cui in cui è venuto a mancare a seguito di una lunga malattia. Dopo un breve periodo di commissariamento, a reggere le sorti del Comune passò, alla fine del 2001, Giuseppe Musarra il quale rimase Sindaco fino al 2005. A seguito di un ricorso tanto discusso, infatti, il Consiglio di Giustizia Amministrativa accolse le ragioni della rivale Berbardette Grasso che, quindi subentrò alla guida di Capri Leone. Le successive elezioni del 2007 diedero sempre ragione alla Grasso che a tutt’oggi è Sindaco della città.
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Pagina aggiornata il 30/07/2024