Sulla sua parete rocciosa si apre, a 140 metri sul livello del mare, la grotta di San Teodoro.
La grotta, formatasi in seguito ad un fenomeno carsico verificatosi, all’incirca, otto-dieci milioni di anni fa, conserva una documentazione molto ricca e molto importante della storia della Sicilia, in termini di popolamenti di animali, ormai estinti, e di resti dell’uomo preistorico.
La prima segnalazione della grotta di San Teodoro e dei depositi paleontologici e paleoetnologici ubicati al suo interno e sul talus ad essa antistante, si deve alla esplorazione delÂ
Barone Anca che nel 1859 eseguì un primo saggio di scavo. Egli notò che all’interno vi erano depositi delÂ
Paleolitico Superiore e nell’ampio saggio che fece all’ingresso della grotta trovò un sedimento che conteneva resti di animali (
elefante nano, iena, cervo, cinghiale, orso, asino).
Successive indagini, ognuna di straordinaria importanza, si devono a Vaufray (1925), Graziosi e Maviglia (1942), e Bonfiglio (1982-1985, 1987, 1989, 1992, 1995, 1998, 2002, 2004).
La Grotta di San Teodoro fu abitata dall’uomo entro uno spazio di tempo valutabile, all’incirca, tra i 12.000 e gli 8.000 anni a.C. che dal punto di vista culturale rappresenta l’ultimo periodo del Paleolitico Superiore italiano comunemente chiamatoÂ
Epigravettiano finale.
La singolarità e l’importanza della grotta è data dal ritrovamento delle prime sepolture paleolitiche siciliane: sono cinque crani e due scheletri eccezionalmente completi che per primi hanno consentito una conoscenza approfondita degli antichi abitanti della Sicilia. Il rituale delle sepolture consisteva nella deposizione del defunto in una fossa poco profonda in posizione supina oppure sul fianco sinistro, circondato da ossa animali, ciottoletti e ornamenti composti da collane fatte con denti di cervo. Tutte le deposizioni furono ricoperte da un leggero strato di terra e al di sopra fu sparsa dell’ocra (colorante naturale) che formava un sottile livello.
La testimonianza più importante è data dal ritrovamento dei resti fossili di una donna di circa 30 anni, alta 165 cm, alla quale è stato attribuito il nome diÂ
Thea (
dal latino Theodora) per collegarlo a quello della grotta.
L’INDUSTRIA LITICA
Â
Il deposito della grotta era composto da una stratigrafia di terreni sovrapposti in cui si conservano i resti della frequentazione umana. Si rinvennero focolari, ossa animali appartenenti per lo più a resti di pasto e abbondante industria litica appartenente a una fase finale del cosiddettoÂ
orizzonte epigravettiano del Paleolitico Superiore (
circa 12000-8000 anni a.C.).
L’industria litica di San Teodoro è composta da strumenti diversi che l’uomo utilizzava nella caccia e nelle attività di lavoro come la lavorazione delle pelli e la preparazione del cibo. Essa era fabbricata con rocce che si raccolgono nel territorio, la quarzite e la selce. Gli strumenti in selce sono spesso di dimensioni piccole (microliti) con grattatoi, punte a dorso e geometrici, mentre quelli in quarzite hanno dimensioni maggiori e vi sono bulini, grattatoi, lame-raschiatoio e punte a dorso. L’abbondanza di industria litica mostra che la lavorazione, cioé la scheggiatura della selce e della quarzite, avveniva sia all’interno che all’esterno della grotta.
La ricca presenza dei Geometrici (strumenti di piccolissime dimensioni a forma di triangoli) ha fatto considerare questa industria come una facies regionale, tipica della Sicilia, tanto da essere denominata “
facies di San Teodoro“.
I resti animali indicano la presenza di cervo, bue preistorico, e cinghiale, mentre lo studio dei carboni ha fornito dati sull’ambiente presente nei dintorni della grotta di quel periodo che doveva essere formato da un bosco di querce e aceri.
All’interno della grotta, al di sotto degli strati con le testimonianze del paleolitico, i sedimenti più profondi contengono resti scheletrici di vertebrati (iena, lupo, volpe, cinghiale, bue preistorico, elefante endemico, cervo endemico, piccolo cavallo) e di coproliti di iena, in un periodo (pleistocene superiore, circa 125.000-35.000) in cui la grotta era frequentata da popolazioni di iene che nel tempo hanno trasportato frammenti di carcasse di animali predati. La tana delle iene (crocuta crocuta spelaea) è stata datata dagli scavi Bonfiglio (1998, 2002) allaÂ
fine del Pleistocene superiore (
circa 35000 anni da oggi).
All’interno della grotta ma soprattutto all’esterno numerosi frammenti ceramici pertinenti a vasellame di varie epoche individua la presenza di gruppi umani preistorici dell’età del Bronzo e di frequentazioni avvenute anche durante il periodo greco e romano fino ad epoca moderna. Questi documenti offrono altre notevoli possibilità di ampliare le conoscenze archeologiche sul territorio di Acquedolci.
All’esterno della grotta: il bacino lacustre e il DEPOSITO A IPPOPOTAMI
Davanti all’alta parete calcarea su cui si apre laÂ
grotta di San Teodoro ed altre cavità come ilÂ
Riparo Maria si estende un deposito paleontologico contenente numerosissimi resti fossili diÂ
Hippopotamus pentlandi. Il deposito è il residuo di un antico bacino lacustre esistente durante ilÂ
Pleistocene medio (700.000-125.000 anni da oggi).
I resti fossili di ippopotamo di Acquedolci risalgono alla fine del Pleistocene medio e cioé a un’età di circa 200.000 anni. Questi fossili, nonostante l’intensa frantumazione subita, rappresentano un importante contributo per lo studio morfologico e filogenetico dell’
ippopotamo pleistocenico della Sicilia.
Ad Acquedolci l’esistenza di un bacino lacustre ha permesso la vita a popolazioni di ippopotami i cui resti scheletrici, seppelliti nei sedimenti al fondo del bacino, si sono conservati a migliaia per cui il deposito offre un’abbondanza di resti tale da permettere uno studio dettagliato degli ippopotami e di riconoscere le altre specie di mammiferi presenti.
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ANTIQUARIUM COMUNALE
piazza Giovanni Paolo II
Orari apertura:
da Lunedì a Venerdì, dalle ore 9:00 alle ore 13:00
Martedì e Giovedì dalle 15:30 alle 17:30
Biglietto:Â Gratuito
Scolaresche, Tour operator, Enti, Associazioni e visite organizzate possono richiedere l’apertura dei locali in giorni e date diverse da quelli stabiliti previa richiesta o comunicazione da inoltrare al Comune almeno 15 giorni prima della data prevista.